IL CERVELLO DEI BAMBINI: PERCHÉ DOBBIAMO ABBASSARE LE ASPETTATIVE SUI NOSTRI FIGLI
Come riporta Daniel Siegel nel suo libro “La sfida della disciplina”, soffermandoci sulla struttura del cervello, possiamo immaginare il cervello del bambino come se fosse una casa di due piani in costruzione. Il piano inferiore è costituito dal tronco encefalico e dalla regione limbica, aree del cervello considerate “primitive”, cioè presenti e già ben sviluppate fin dalla nascita e responsabili delle funzioni mentali più fondamentali: emozioni intense (rabbia, paura), respirazione, regolazioni dei cicli sonno-veglia. Quest’area del cervello è quella che spinge un bambino ad essere reattivo, ad esempio a lanciare un giocattolo o a mordere nel momento in cui si arrabbia o non può avere quello che vuole. La parte superiore invece è responsabile di capacità di pensiero più sofisticate e complesse, immature alla nascita e che iniziano a svilupparsi nella prima infanzia e negli anni successivi.
Questo piano superiore della casa è costituito dalla corteccia cerebrale, che ci consente di sviluppare abilità come decidere e pianificare con giudizio, controllare il corpo e le emozioni, avere riflessione e conoscenza profonda su di sé, riconoscere il punto di vista dell’altro e in generale tutte le funzioni cognitive superiori.
Queste sono le qualità che vorremmo insegnare ai nostri figli ad avere, qualità che richiedono tempo e soprattutto un’adeguata maturazione del cervello, che completano il loro sviluppo soltanto intorno ai 25 anni di età. Qualcuno a tal proposito proponeva di posticipare la maggiore età, o età della maturità, in considerazione del fatto che un cervello di un ragazzo di diciotto anni non è ancora un cervello maturo.
A cosa serve però avere queste informazioni quando si parla di bambini?
Prima di tutto ad abbassare le nostre aspettative: per quanto vorremmo che i nostri figli fin da piccoli si comportassero sempre da adulti coscienziosi, sfoggiando impeccabile equilibrio emotivo, questo non potrà avvenire a maggior ragione nei primi anni della loro vita. Quando ad un bambino di 7 anni che tira una pallottola di gommapiuma nell’occhio del fratello chiediamo perché l’ha fatto, la risposta sarà principalmente un “non so” e con tutta probabilità è davvero così, perché in quel momento il “piano superiore” del suo cervello era “disattivato”. Essendo l’area temporo-parietale e le regioni pre-frontali ancora in costruzione, spesso un bambino non sarà in grado di tenere conto dei motivi e delle intenzioni degli altri nell’esaminare una situazione o un problema: dunque nel crescere un bambino e nell’insegnargli la disciplina, dobbiamo sforzarci di comprendere il suo punto di vista, il suo livello di sviluppo reale (non quello che noi vorremmo che avesse) in un dato momento. Non sarebbe giusto infatti pensare che nel comportarsi e prendere decisioni, un bambino possa contare su un cervello completamente formato e funzionante come quello di un adulto.
Ma allora non ci resta che chiudere un occhio quando i nostri bambini si comportano male? Certo che no. Anzi, proprio il fatto che il cervello dei bambini è in via di sviluppo, è una ragione in più per stabilire limiti chiari e aiutare il bambino a capire quale sia un comportamento accettabile. L’assenza nei nostri figli di vincoli interni maturi per controllare il comportamento fa si che siamo noi a dover fornire dei vincoli esterni e agire come se fossimo noi quella “parte superiore del cervello”. Ad esempio, davanti ad un comportamento sbagliato, arrabbiarsi, urlare ed esasperare le emozioni diventa controproducente e non attiva certamente le parti superiori del cervello del bambino.
E’ invece utile, per quanto possibile, attuare la strategia del “calmati e rifletti”, che vuol dire entrare in sintonia con le emozioni del bambino, portarle ad uno stato di maggiore tranquillità e poi, dopo averlo aiutarlo a calmarsi, attivare dei processi di riflessione sul suo comportamento, in uno stato emotivo di entrambi più rilassato e tranquillo. Le spiegazioni dei comportamenti effettuate quando genitore e bambino sono ancora arrabbiati difficilmente porteranno ad una buona comprensione di quanto sta accadendo, proprio perché il cervello del bambino non è strutturalmente pronto per questo tipo di comprensione.
Per fare questo però, come prima cosa è necessario comprendere che il loro cervello sta cambiando e si sta trasformando: comprendendo e accettando questa fondamentale realtà, saremo maggiormente in grado di affrontare il comportamento sbagliato con modalità che rispettino il suo livello di sviluppo e aiutarlo a prendere decisioni che non è ancora del tutto capace di prendere da solo.
Redazione Related